Le nuove generazioni crescono in una società fortemente urbanizzata e tecnologicamente avanzatissima. Per molti i prodotti agricoli sono cibo necessario che arriva in tavola puntualmente, facilmente, senza grandi affanni; non importa conoscerne la provenienza, come si produce e nemmeno chi l’ha prodotto. Tutto questo funziona (e ci auguriamo che funzioni sempre), fin tanto che i meccanismi produttivi della società moderna lo permettono. Possono però succedere degli inceppi, vedi Covid, conflitti internazionali, eventi atmosferici catastrofici……che, improvvisamente, potrebbero obbligare ognuno di noi a produrre il proprio cibo della sopravvivenza e non credo che un “tutorial di YouTube” risolverà il problema.
Leggete questa storia:
Durante l’assedio di Sarajevo da parte delle truppe serbe, la popolazione si trovò a fronteggiare non solo la minaccia costante delle schegge e dei cecchini, ma anche la sfida di garantirsi un cibo sufficiente. In risposta a questa crisi, gli abitanti della città si sono distinti per la loro straordinaria iniziativa nell’utilizzo di ogni spazio disponibile per coltivare orti urbani.
Le strade, i parchi pubblici e gli spazi verdi all’interno delle comunità furono trasformati in fertile terreno di coltivazione. In mezzo alle difficoltà quotidiane, la popolazione si impegnò a coltivare una vasta gamma di ortaggi, trasformando angoli apparentemente insignificanti in vitali fonti di nutrizione. Pomodori, zucchine e altre colture furono piantate con dedizione, nonostante il pericolo costante.
Questa iniziativa di coltivazione urbana non solo fornì un’importante risorsa alimentare, ma creò anche una connessione significativa tra le persone. Famiglie e comunità intere si unirono nel coltivare e condividere le risorse, creando un tessuto sociale più forte in tempi di estrema difficoltà.
Il coraggio della popolazione di Sarajevo nel coltivare orti urbani in circostanze così avverse ispirò anche la collaborazione tra organizzazioni locali e internazionali. Semi, attrezzi agricoli e competenze vennero forniti dall’esterno, sottolineando l’importanza di un sostegno collettivo di fronte a crisi umanitarie.
Tuttavia, la lotta quotidiana per nutrirsi rimase una sfida costante, evidenziando la durezza di vivere sotto assedio. Le immagini di orti urbani tra le macerie di Sarajevo diventarono simbolo di resilienza e speranza in tempi difficili.
In sintesi, durante l’assedio di Sarajevo, la coltivazione degli orti urbani si rivelò un atto di resistenza vitale. Ogni spazio disponibile divenne un’opportunità per garantire il cibo necessario, dimostrando che in mezzo alla devastazione, la forza della comunità può emergere attraverso la terra coltivata con speranza e determinazione.
Per tutti gli interessati, la nostra Cooperativa Castel Cerreto ha realizzato due orti condivisi: uno al Cerreto, l’altro nella Valle di Astino, aperti a chi vuole condividere l’esperienza di coltivare in comunità il proprio cibo in modo “sano, buono e giusto”. Vi aspettiamo!